Videorecensione Victorian Vigilante TheMantovanisBlog

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Pubblicato il 9 set 2019

Ecco la nostra videorecensione di “Victorian Vigilante” una saga steampunk scritta da Federica Soprani e da Vittoria Corella, pubblicata nel 2015 da Nero Press.

“Victorian Vigilante- Le infernali macchine del Dottor Morse” è una trilogia steampunk scritta da Federica Soprani e da Vittoria Corella, pubblicata nel 2015 da Nero Press.

La saga è composta da tre romanzi collegati tra loro, tutti ambientati in un inverso steampunk alternativo alla Londra del 1890: si tratta di uno scenario in cui la tecnologia si è evoluta in maniera particolare essendo diventata pervasiva e moderna prima del tempo, con caratteristiche singolari. La più particolare è sicuramente quella legata al perfezionamento dell’uomo, obiettivo che si esplica con mezzi diversi a seconda del paese europeo. In Inghilterra, i Maniscalchi utilizzano degli esoscheletri potenziati, che permettono ai lavoratori e agli operai di migliorare le prorie abilità e rese: questa scuola di pensiero è chiamata Ergomeccatronica ed è la versione più soft e più eticamente controllata. La sperimentazione più aggressiva e innovativa viene però condotta nell’Est Europa, con la Meccagenetronica, che punta alla vera e propria unione tra uomo e macchina attraverso manipolazioni e ibridazioni. Questo scontro di visioni si esplica a Londra, in uno scontro tra lo Spettro di Nebbia, un misterioso vigilante, e il Sergente Malachy Murphy, poliziotto mutilato gravemente in seguito ad un misterioso incidente. Tale scontro sembra diretto dalla figura misteriosa del Dottor Morse, che lavora insieme a Vassilissa, assassina potenziata e inarrestabile. Gli altri personaggi legati a questi eventi sono i due fratelli Swan, Percy e Catherine, due giornalisti, e Mordecai Gerolamus, un peculiare tagliatore di diamanti ebreo.

Questa trilogia mi è piaciuta veramente tanto e credo che i suoi maggiori punti di forza siano due: l’ambientazione steampunk e i personaggi. La Londra alternativa del 1890 è resa benissimo, vera e coinvolgente: non mi capitava da molto tempo di voler entrare in un mondo fittizio, sebbene provvisto di qualche difetto dovuti all’epoca. L’elemento della contrapposizione tra scienza ed etica è uno degli snodi centrali e viene descritto con una maestria e un’abilità notevoli, con grande empatia verso i personaggi coinvolti. Ho trovato tutta la storia dei “Senza Dio”, le ibridazioni tra uomo e macchina, trattata in modo sopraffino, il tutto reso avvincente da un ritmo serrato e godibile.

I personaggi, però, sono forse il punto più convincente: sono veri, autentici, elaborati e a tutto tondo. Ognuno di loro ha una storia, motivazioni personali coerenti e approfondite, per cui è praticamente impossibile non empatizzare o sentirsi coinvolti; anche “il cattivo”, che è pure un signor antagonista malvagio, ha una sua sottotrama e un suo background definiti e credibili. Ho apprezzato molto la maturità e la delicatezza con cui venivano trattati i vari personaggi e i loro problemi e credo che questo sia uno degli aspetti che più mi hanno fatto amare questa trilogia. In particolare, ho adorato la storia del sergente “Robocop” Murphy, con i suoi traumi e la sua dipendenza dalla Morphia (Morfina), ma anche quella della giornalista Catherine, che si veste da uomo al lavoro per essere presa sul serio come giornalista, ma che tutti per questo guardano con perplessità e sospetto. Anche la strana Vassillissa, una specie di Harley Queen meccanica e bisognosa di approvazione, mi ha semplicemente stregato; tutti sapevano coinvolgere e stupire il lettore, andondolo a toccare nel profondo.

Se proprio devo trovare un difetto, ritengo che il libro non dovesse essere spezzato in tre parti: non sono tre romanzi indipendenti né autoconclusivi, l’interruzione tra il primo e il secondo è l’unica vera e propria chiusura, per il resto sono parte di un unico ciclo narrativo. Personalmente avrei preferito un volume unico, ma mi rendo conto che questo è contrario a molte logiche commerciali, poiché un tomo unitario e pesante può spaventare il lettore.

In conclusione, si tratta di una trilogia bellissima, avvincente e coinvolgente, che vi farà tenere il fiato sospeso, piangere e sorridere per quanto è fatta bene. La consiglio a tutti, in particolare a chi apprezza il genere steampunk e la fantascienza.

What is Victorian Vigilante?

What is Victorian Vigilante?

1890. L’assetto europeo manifesta già i germi di una Guerra Mondiale e vede contrapposte due scuole di pensiero scientifiche: i Maniscalchi inglesi seguaci dell’Ergomeccatronica, che sfruttano esoscheletri potenziati per implementare le capacità di lavoratori e soldati, e i Senza Dio fautori della Meccagenetronica, localizzati nell’Europa dell’Est, che hanno sviluppato terrificanti ibridazioni uomo-macchina. In una Londra pervasa dalla nebbia e dai vapori del nuovo secolo un misterioso Vigilante mascherato pattuglia il Tamigi, una terribile ‘donna meccanica’ porta ovunque morte e distruzione e uno Scienziato Senza Dio trama per sconvolgere le sorti dell’Europa e del mondo intero con l’arma definitiva che cambierà il volto della Guerra per sempre…

Steampunk 101 Di G.D. FALKSEN

Steampunk 101 Di G.D. FALKSEN

FONTE: www.tor.com

 

Steampunk 101
Di
G.D. FALKSEN

(tradotto per VS con il benestare dell’autore, cercatelo su Facebook e Twitter! I suoi libri steampunk sono acquistabili presso AMAZON)

Che cos’è lo Steampunk?
In due paroline, Steampunk è Fantascienza Vittoriana. Qui ‘vittoriano’ non è inteso a indicare una cultura specifica, ma piuttosto si riferisce ad un periodo storico e ad un’estetica: il diciannovesimo secolo industrializzato.
Storicamente, questo periodo ha visto lo svilupparsi di molti aspetti chiave del mondo moderno (Manifattura meccanizzata, urbanizzazione estensiva, telecomunicazioni, vita d’ufficio e traffico di massa), e lo Steampunk usa questa esistente tecnologia e questa struttura per immaginare un diciannovesimo secolo ancora più avanzato, spesso completato da meraviglie di ispirazione vittoriana come velivoli a vapore e computer meccanici.

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Da dove viene lo steampunk?
In un certo senso, lo steampunk esiste sin dal diciannovesimo secolo. L’Epoca Vittoriana aveva la sua fantascienza, i cui esponenti più famosi furono Jules Verne e H.G. Wells, e durante il ventesimo secolo ci sono state storie di fantascienza più tarde ambientate in epoca Vittoriana. In ogni caso, il termine ‘steampunk’ non è stato coniato fino alla fine degli anni ’80, quando l’autore K.W. Jeter l’ha usato a scopi umoristici per descrivere un gruppo di storie ambientate in epoca Vittoriana scritte in un periodo in cui il cyberpunk era la forma prevalente di fantascienza.

Cosa c’entra la fantascienza?
La linea tra ‘Steampunk’ e ‘epoca vittoriana’ è estremamente sottile, e spesso le due cose sono inseparabili. Sono separate solo dallo status di ‘fantascienza’ dello Steampunk, benché fantascienza pesantemente inspirata dal fatto storico Vittoriano. Questo si verifica in uno di due modi: le Storie ‘proto-steampunk’ del diciannovesimo secolo possono venir viste come parallele alla nostra stessa Fantascienza, ovvero una visione del futuro dal tempo presente.
Per i vittoriani significava immaginare un futuro che ai nostri occhi moderni appare drammaticamente non-moderno. Sottomarini, viaggi spaziali, velivoli e vita meccanizzata erano stati immaginati dai Vittoriani, queste cose poi sono andate molto vicine alla realtà, ma comunque differivano da come il futuro è andato davvero.
Per gli scrittori moderni, con il beneficio della scienza moderna, lo Steampunk diventa un re-immaginare il diciannovesimo secolo con una visione più esatta di dove andrà la scienza un giorno. In questo modo, lo Steampunk spesso si trova a tradurre concetti moderni quali la rivoluzione informatica, thriller spionistico, mystery e addirittura Internet in un contesto Vittoriano utilizzando tecnologia Vittoriana.
Lo Steampunk diventa la mescola perfetta di storia alternativa e fantascienza.

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G.D. Falksen, looking Very Victorian & Steampunk. Cute.

… cosa c’entra il vapore?
Lo ‘steam’ in Steampunk, il ‘vapore’, non si riferisce unicamente alla tecnologia in se stessa, sebbene Le macchine alimentate dal vapore siano un aspetto vitale nel mondo dello steampunk. Lo ‘Steam/Vapore’ rappresenta un mondo in cui la tecnologia del vapore è sia dominante che prolifica. Durante l’epoca Vittoriana, la potenza del vapore ha rivoluzionato quasi ogni aspetto della vita.
La Macchina a Vapore ha reso possibile l’industrializzazione su larga scala e ha prodotto forza meccanica in maniera più efficiente e in una quantità tale da essere irraggiungibili dalla forza lavoro umana e animale. Produzione industriale e coltivazioni meccanizzate causarono agitazione nella struttura della vita lavorativa, ma aumentarono significativamente la produttività della società e ‘liberarono’ un’intera sezione della stessa dal lavoro di sussistenza affinché potesse andare a formare una classe moderna di professionisti e impiegati. I cambiamenti introdotti dall’industrializzazione del vapore permisero sviluppi mai sognati prima nel campo delle scienze, nel sociale e nelle merci che vennero poi associati con l’epoca vittoriana. Lo Steampunk trae ispirazione da questi cambiamenti e li applica a qualsiasi cultura influenzi.

…e cosa c’entra il ‘punk’?
Ironia, non c’entra niente. Come detto poc’anzi, il termine ‘steampunk’ si riferisce in modo semiserio al cyberpunk piuttosto che al punk in sé e per sé. Inoltre, ‘punk’ nel contesto punk rock fu il prodotto di circostanze molto specifiche seguite alla Seconda Guerra Mondiale, il che lo rende avulso dall’estetica Vittoriana che invece ispira lo steampunk. In ogni caso, chi fosse interessato ad esplorare l’equivalente steampunk del punk del ventesimo secolo può trovare materiale nei gruppi di controcultura del diciannovesimo secolo, dai Ludditi agli Utopisti ai delinquenti irlandesi (hoolingans). Aggiungete un’oncia di Street Culture Vittoriana, un poco di ragtime ed il punk ‘steampunk’ prende forma.

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…e gli ingranaggi?
L’ingranaggio è un simbolo facilmente riconoscibile dello steampunk, ma non è di esclusiva pertinenza del genere, ovviamente. E’ stato inventato molto prima del diciannovesimo secolo e rimane in uso tutt’oggi. L’ingranaggio collega dispositivi correlati come volani e pistoni, le ‘linee di forza’ dell’età del vapore. Il Potere del Vapore è potere meccanico e la sua trasmissione esige un sistema di parti mobili nello stesso modo in cui il potere elettrico ha bisogno di fili elettrici. Gli ingranaggi non sono ‘steampunk’ in se stessi, ma quando vengono utilizzati nei macchinari del 19esimo secolo, diventano l’icona di un genere.

Che ci dici degli ‘occhialoni’?
Gli ‘occhialoni’ si incontrano spesso nell’abbigliamento steampunk, e questo può creare l’impressione errata che in qualche modo siano fondamentali per uno ‘steampunk look’. Di certo, i goggles (occhialoni) vengono associati sia alla scienza che al viaggio meccanizzato, entrambe le cose sono temi molto comuni nello steampunk. Comunque questo non significa che chiunque nello steampunk indossi gli occhialoni; infatti, solo chi ha effettivo motivo di indossarli li indossa, e solo perché gli servono. Così come per sciarpe, giacconi da viaggio, grembiuli e camici, gli occhialoni sono un accessorio che può aiutare a dare vita ad un mondo steampunk, a patto che venga usato in maniera moderata e propria, poiché confina pericolosamente col ridicolo, se usato come fine e non come mezzo.

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Qual’ è il fascino dello Steampunk?
Un genere ampio come lo steampunk esercita un richiamo per molti. Alcuni ne sono attratti per l’amore che già nutrono verso l’epoca vittoriana. Altri ammirano l’approccio singolare dello steampunk verso la tecnologia: il re-immaginare le possibilità moderne con macchinari del 19esimo secolo. Moltissimi sono attratti dalla moda steampunk, che permette di combinare una gamma di stili e accessori del 19esimo secolo. Un aspetto cruciale dello steampunk è proprio l’attrarre persone con interessi così diversi, visto che offre qualcosa a tutti. Lo Steampunk è supportato anche dai movimenti neo-vintage, che si diffondono nella moda, nei film e nell’estetica, ma anche questo non permette di capire appieno il fascino dello steampunk. Il genere possiede una sua vita propria che attira fans da diverse direzioni e diversi campi e li porta in un mondo dove la moda è fatta su misura, le cose sono fatte per durare ed il macchinario è ancora visto come una maestà.

Lo steampunk sembra grandioso! Da dove si può cominciare?
La regola di base per lo steampunk è: “inizia dal periodo storico e poi aggiungi”. Uno dei grandi vantaggi dello steampunk è che si ispira all’epoca in cui vennero inventate fotografia e cinema. Questo permise di registrare dati visivi di gente di ogni classe sociale, di ogni cultura e origine e fornisce ora una massa senza precedenti di materiale di studio. La gente che cerca idee per la moda o per creare personaggi oppure scene da descrivere può trovare una quantità di punti di partenza nelle infinite foto d’epoca e pellicole sopravvissute. Quel che rimane da fare è aggiungere o modificare le immagini secondo il proprio gusto, benché si debba ricordare che molti aspetti del mondo steampunk e della sua gente rimangano virtualmente inseparabili dal periodo storico (epoca vittoriana) che li ha ispirati.

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G. D. Falksen è uno scrittore, studia storia e ha tenuto lezioni sullo steampunk come genere e sottocultura. Ammette di avere un debole per il ragtime. Dettagli ulteriori su www.gdfalksen.com

The Hellfire Chronicles: Blood in the Skies

The Hellfire Chronicles: Blood in the Skies

blood.in.the.skiesThe Hellfire Chronicles: Blood in the Skies
By
G.D. Falksen

 

Oh. Blood in the Skies. Ci diamo allo steampunk.

Svolgimento: G.D. Falksen, da bambino, secondo me guardava Bud Spencer e Terence Hill. Non so se questi film erano popolari negli USA, ma forse sì, se no non mi spiego Blood in the Skies. Non è Bruce Willis, non è Schwarzenegger, è Bud Spencer! Assolutamente! Ovvero: si va avanti a forza di cazzotti. Sparatorie alla Trinità. Risse alla ‘io sto con gli ippopotami’. Andiamo con ordine: presupposto niente male, ovvero nel 1908, i perfidi Russi a Tunguska conducono esperimenti con armi di distruzione di massa, ma siccome sono Russi e sappiamo che i Russi son buoni solo a far casino, distruggono il mondo. Letteralmente! Il nostro pianeta viene sbriciolato come un Oreo in tanti isolotti volanti di varia grandezza, dalla zolla erbosa al continente indiano. La tecnologia si resetta e tutti, per muoversi tra un isolotto e l’altro, volano coi dirigibili e i biplani della Grande Guerra. C’è una specie di Inghilterra postatomica chiamata Commonwealth e ovviamente loro sono i buoni, neanche da dire. I cattivi sono Pirati Volanti a metà strada tra quelli dei Caraibi e i cyborg di Terminator che parlano con marcato accento tedesco. Perché poi? Forse perché i tedeschi sono sempre cattivi.

I protagonisti di questa rissa continua di centinaia di pagine sono una donna pilota dotata delle grazie femminili di Obelix, Elizabeth Steele, e un agente segreto indiano strafigo e bonazzo, Ray.
Tunguska ha distrutto il mondo, ma NON la scheda perforata che serve a…boh. A qualcosa servirà, perché i cattivi la vogliono a tutti i costi e i buoni, Steele e Ray, non gliela vogliono dare. Così, per partito preso. Tanto per rompere le balle al prossimo. Ma si sa, i Buoni sono così.

Da pagina 5 a pagina XYZ assistiamo ad una sequela di combattimenti aerei, terrestri, a cazzotti, a fucilate, a insulti (no, a insulti no, Falksen è molto british e non credo sappia che esistono le parolacce) francamente un po’ estenuante.
Poi appaiono dei fantasmi. Poi degli zombi. Poi dei cyborg.
Poi il Dart Vader steampunk, Lord Bukhalter, si prepara a prendere a calci il Commonwealth.
Come non simpatizzare per lui?! Ha anche una civetta robot!

Poi il libro finisce. Così, senza un perché. Alla vigilia della Mother of all Battles, Falksen ci saluta tutti e alla prossima puntata. Ma porcatroia!

Mica per la battaglia eh, ma siccome Steele salterebbe addosso a Ray per tutto il libro, strappandogli i vestiti e possedendolo contro il muro, volevo vedere se le riusciva questa manovra.
Pazienza. Se vi piacciono i dirigibili e la gente con arti meccanici e donne cazzute che in confronto le eroine di Ken Follett sembrano la sorellina morta di Jo March, Blood in the Skies fa per voi. Se no, lasciate perdere.
Aspetto comunque l’episodio due: Falksen! E falli scopare a quei due! Cazzo!

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