“Nemmeno gli occhi dello Spettro potevano passare attraverso la vernice nera stesa sui vetri, che rendeva ogni finestra un grido muto.”
Come si intuisce dal titolo della recensione, non sono un frequentatore dello steampunk, senza però avere alcuna preclusione per il genere che anzi mi ha sempre intrigato. Si dà solo il caso che io abbia iniziato con questo romanzo la mia incursione. Ed è stato un inizio felice, perché Victorian Vigilante è davvero un bel romanzo.
Anzitutto mi ha colpito l’efficacia dell’ambientazione londinese che, seppure meno steam di quanto mi sarei atteso, è di certo punk. La Meccagenetronica e l’Ergomeccatronica, le due scienze applicate che condividono l’obiettivo di potenziare l’essere umano, benché divergano per metodologie, rappresentano bene i due schieramenti in campo, costituendone i rispettivi manifesti.
“Il braccio meccanico mi è stato strappato e ho rischiato di andare in shock, perché era collegato direttamente al mio cervello.”
Il perverso dottor Morse, meccagenetronicista privo di scrupoli, si spinge fino al punto di modificare nel corpo i propri cari, per soddisfare l’ossessivo desiderio di primeggiare e conquistare prestigio e potere. Dall’altro lato lo contrasta il dottor Horatio Hastings, creatore dello Spettro di Nebbia, affascinante figura mascherata e potenziata che si batte con abnegazione per proteggere Londra. Sapere chi si celi dietro la maschera del vigilante è un segreto che in molti, compreso il lettore, vorranno svelare.
“Lo Spettro era fatto d’aria, di oscurità fluida, di pietra e ghiaccio sotto il cielo muto. Scivolava di ombra in ombra, cercando il respiro di Malachy Murphy.”
Fra i molti personaggi spiccano anche la reporter Catherine Swan della Mayfair Gazette, che durante le proprie indagini si camuffa da uomo presentandosi come Orlando, e il tagliatore di pietre preziose Mordecai Gerolamus nella cui testa albergano tre spiriti capaci di conferirgli poteri fuori dell’ordinario e che troveranno poi una spiegazione opportuna nel corso della narrazione. Il poliziotto Malachy Murphy, aumentato meccagenetronicamente, costituisce un’archetipica incarnazione del difficile equilibrio fra ciò che è lecito fare e ciò che non lo è, nel perseguimento dei propri scopi.
Victorian Vigilante è una storia ben costruita, che conclude tutto ciò che inizia, al netto di qualche soluzione nel finale che mi è parsa un po’ affrettata, ma che non condividerò per non comprometterne la lettura a nessuno. Nelle quasi duecento pagine abbonda l’azione, ben dosata e descritta, ma anche i dialoghi che sono determinanti, come dev’essere, nella definizione dei personaggi.
Raccomandato a chi ami storie immersive, soprattutto se ambientate nella Londra vittoriana, raccontate con cura per lo stile e con amore verso i personaggi.
Ecco la nostra videorecensione di “Victorian Vigilante” una saga steampunk scritta da Federica Soprani e da Vittoria Corella, pubblicata nel 2015 da Nero Press.
“Victorian Vigilante- Le infernali macchine del Dottor Morse” è una trilogia steampunk scritta da Federica Soprani e da Vittoria Corella, pubblicata nel 2015 da Nero Press.
La saga è composta da tre romanzi collegati tra loro, tutti ambientati in un inverso steampunk alternativo alla Londra del 1890: si tratta di uno scenario in cui la tecnologia si è evoluta in maniera particolare essendo diventata pervasiva e moderna prima del tempo, con caratteristiche singolari. La più particolare è sicuramente quella legata al perfezionamento dell’uomo, obiettivo che si esplica con mezzi diversi a seconda del paese europeo. In Inghilterra, i Maniscalchi utilizzano degli esoscheletri potenziati, che permettono ai lavoratori e agli operai di migliorare le prorie abilità e rese: questa scuola di pensiero è chiamata Ergomeccatronica ed è la versione più soft e più eticamente controllata. La sperimentazione più aggressiva e innovativa viene però condotta nell’Est Europa, con la Meccagenetronica, che punta alla vera e propria unione tra uomo e macchina attraverso manipolazioni e ibridazioni. Questo scontro di visioni si esplica a Londra, in uno scontro tra lo Spettro di Nebbia, un misterioso vigilante, e il Sergente Malachy Murphy, poliziotto mutilato gravemente in seguito ad un misterioso incidente. Tale scontro sembra diretto dalla figura misteriosa del Dottor Morse, che lavora insieme a Vassilissa, assassina potenziata e inarrestabile. Gli altri personaggi legati a questi eventi sono i due fratelli Swan, Percy e Catherine, due giornalisti, e Mordecai Gerolamus, un peculiare tagliatore di diamanti ebreo.
Questa trilogia mi è piaciuta veramente tanto e credo che i suoi maggiori punti di forza siano due: l’ambientazione steampunk e i personaggi. La Londra alternativa del 1890 è resa benissimo, vera e coinvolgente: non mi capitava da molto tempo di voler entrare in un mondo fittizio, sebbene provvisto di qualche difetto dovuti all’epoca. L’elemento della contrapposizione tra scienza ed etica è uno degli snodi centrali e viene descritto con una maestria e un’abilità notevoli, con grande empatia verso i personaggi coinvolti. Ho trovato tutta la storia dei “Senza Dio”, le ibridazioni tra uomo e macchina, trattata in modo sopraffino, il tutto reso avvincente da un ritmo serrato e godibile.
I personaggi, però, sono forse il punto più convincente: sono veri, autentici, elaborati e a tutto tondo. Ognuno di loro ha una storia, motivazioni personali coerenti e approfondite, per cui è praticamente impossibile non empatizzare o sentirsi coinvolti; anche “il cattivo”, che è pure un signor antagonista malvagio, ha una sua sottotrama e un suo background definiti e credibili. Ho apprezzato molto la maturità e la delicatezza con cui venivano trattati i vari personaggi e i loro problemi e credo che questo sia uno degli aspetti che più mi hanno fatto amare questa trilogia. In particolare, ho adorato la storia del sergente “Robocop” Murphy, con i suoi traumi e la sua dipendenza dalla Morphia (Morfina), ma anche quella della giornalista Catherine, che si veste da uomo al lavoro per essere presa sul serio come giornalista, ma che tutti per questo guardano con perplessità e sospetto. Anche la strana Vassillissa, una specie di Harley Queen meccanica e bisognosa di approvazione, mi ha semplicemente stregato; tutti sapevano coinvolgere e stupire il lettore, andondolo a toccare nel profondo.
Se proprio devo trovare un difetto, ritengo che il libro non dovesse essere spezzato in tre parti: non sono tre romanzi indipendenti né autoconclusivi, l’interruzione tra il primo e il secondo è l’unica vera e propria chiusura, per il resto sono parte di un unico ciclo narrativo. Personalmente avrei preferito un volume unico, ma mi rendo conto che questo è contrario a molte logiche commerciali, poiché un tomo unitario e pesante può spaventare il lettore.
In conclusione, si tratta di una trilogia bellissima, avvincente e coinvolgente, che vi farà tenere il fiato sospeso, piangere e sorridere per quanto è fatta bene. La consiglio a tutti, in particolare a chi apprezza il genere steampunk e la fantascienza.
Combattiamo nelle tenebre
senza sapere se meriteremo la luce.
Combattiamo perché
non possiamo fare altro.
Perché qualcuno lo deve fare.
Inghilterra Vittoriana. Due scuole di pensiero molto differenti si sviluppano in Inghilterra e nel Continente. A Londra, all’insaputa dei cittadini, c’è una guerra che coinvolge lo Spettro di Nebbia, un uomo misterioso che si fa vigilante da una parte, e il sergente Malachy Murphy e la spietata Baba Yaga capitanati dal Dottor Morse dall’altra. Viene coinvolto anche Mordecai, tagliatore di diamanti la cui storia nasconde molto di più di ciò che ci si aspetta, così come la giovane Catherine, giornalista intraprendente e coraggiosa.
Il libro è molto breve, neanche duecento pagine, ma la storia è piuttosto interessante. La Londra Vittoriana è un po’ solo uno sfondo, per ora, ma spero che l’universo politico abbia più importanza in un futuro prossimo libro (che da quanto ho capito dovrebbe esserci). Nel frattempo, è ben delineata la differenza tra le due scuole, nonché i loro scopi, e viene dato loro corpo nelle figure di Sir Horatio per l’Ergomeccanica e il dottor Morse per la Meccagenetronica.
I personaggi sono ben delineati e stranamente mi trovo nella posizione di amarli quasi tutti, cosa che non succede spesso. L’unica eccezione è il dottor Morse, certamente ben costruito ma odioso.
Lo Spettro di Nebbia è fin dall’inizio un uomo piuttosto misterioso, con abilità non del tutto umane. E con l’avanzare del libro è interessante scoprire da dove proviene, com’è stato creato, quali sono i suoi scopi… Devo dire che non mi aspettavo del tutto la sua rivelazione, però riguardando indietro ha un senso.
Catherine mi è piaciuta fin da subito, e dal momento in cui ha incontrato Murphy mi sono trovata a volerli vedere come coppia. E sì che il loro primo incontro non è stato bellissimo, ma il fatto che Catherine cerchi ti tenere testa al sergente e l’evolversi della loro storia nel volume hanno fatto si che diventassero OTP. Giudicatemi quanto volete, non mi interessa.
Forse, però, i personaggi che ho amato di più sono stati Murphy, Mordecai, e Vassilissa. Li ho trovati i più interessanti: il sergente Murphy perché, pur scorbutico e sinceramente un po’ rompiballe, sotto sotto ha in se delle qualità nascoste. Ed è bello vederlo cambiare mentre i tasselli si rimettono a posto. E poi su, ha un braccio meccanico.
Mordecai è da subito un personaggio piuttosto peculiare, ma all’inizio non capivo quanto questa peculiarità potesse servire alla storia. Molto più di quanto si immagina. Inoltre è Ebreo, e la cosa non viene assolutamente glissata. Anzi, è una cosa praticamente fondamentale nel personaggio.
Vassilissa pare una macchina, completamente modificata da Morse, ma man man che scopriamodi più su di lei i suoi tratti umani vengono allo scoperto. E lei è praticamente una creazione della Meccagenetronica, una macchina-soldato. Anche quello che sboccia tra lei e Mordecai è praticamente OTP, detto sinceramente. E ci sono rimasta malissimo nel finale.
Devo dire che a tratti si nota il fatto che è scritto a quattro mani, perché sono stili molto diversi. È una cosa che di solito non mi piace molto, ma nel complesso si legge bene ed è un’ottima storia. Mi è piaciuto vedere come i personaggi sono tutti legati da un filo rosso, e come il tutto si amalgama bene nella storia.
Nel complesso è stta un’ottima lettura, e spero di poter leggere qualcos’altro in questo universo.
“Amazon mi chiede perché ho dato cinque stelle a questo secondo episodio della saga di Victorian Vigilante. Bene, credo sia perché amo i Preraffaeliti, il Liberty, Gustav Klimt, i fumetti, le melagrane, perché ho letto “Il destino si chiama Clotilde”, di Giovannino Guareschi, perché quando leggo, infine, entro nella storia come se un altro mondo m’inghiottisse. Ora spiego cosa c’entra tutto ciò con questo libro: c’è una qualità sensoriale nella scrittura di Vittoria Corella e Federica Soprani che mi rapisce. La caratteristica è quella di un bagno in una dimensione dove colori, suoni, forme, ghirigori preziosi e a tutto tondo, ti accompagnano a conoscere personaggi, ambientazioni, dimore e sentimenti. Le autrici usano la metafora con dovizia, ed è una cosa che io apprezzo, se non è ridondante. Ok, anche se a volte è ridondante, perché le descrizioni mi accompagnano per mano e m’incantano.
Rispetto al primo libro, mi sembra di riconoscere una più alta qualità emotiva dei personaggi, e dunque l’aspetto fastosamente decorativo si sposa qui con un maggiore approfondimento. Si possono conoscere meglio, ci si può immedesimare. Una parola per Mordecai, personaggio originalissimo secondo me, degno dell’inventiva dei migliori fumettisti. Ci si sloga la mascella anche per le svolte inaspettate della trama. L’atmosfera vittoriana, il gusto gotico di queste creature frutto di scienza e di visione mistica forniscono pure materia etica su cui riflettere. Dunque abbiamo la trama, abbiamo i personaggi… e abbiamo lo stile. Ecco è qui che mi vengono in mente le melagrane: i chicchi sono lucidi, trasparenti e meravigliosamente disposti. Insomma, mi è venuta voglia di scrivere. L’unica pecca? c’è da aspettare il terzo libro. Consiglio caldamente la lettura di tutta la trilogia.”
La prima parte di ‘Victorian Vigilante’ è la deliziosa lettura dell’inizio di un curato racconto steampunk. Lo steampunk è un genere letterario poco conosciuto in Italia, ma che negli ultimi tempi ha iniziato ad affermarsi sempre di più. Definire questo genere non è cosa semplice, perché mille sfaccettature lo compongono. Però si potrebbe dire che lo steampunk è il mondo del “passato se il futuro fosse accaduto prima” o, forse ancor meglio, se gli eventi occorsi nella storia umana avessero preso svolte differenti da quelle effettive. Ed è qui che Victorian Vigilante prende luogo, in un’epoca vittoriana in cui uomini modificati tramite la Meccagenetronica camminano nella Londra e nell’Inghilterra su cui regna la Regina Vittoria. Uomini considerati ‘senza dio’ a causa di queste modificazioni meccaniche. E’ in questa Londra che si inizia ad avvistare nelle notti buie un misterioso vigilante, chiamato lo Spettro di Nebbia, sempre presente quando qualcosa accade e inseguito dal Sergente Malachy che lo crede malvagio. Nel frattempo la Baba Yaga, figlia e creatura del losco Dottor Morse, è in cerca di un oggetto per conto del suo padrone. Durante questa ricerca dovrà scontrarsi con gli altri personaggi che popolano questo bellissimo racconto. Lo stile di scrittura è molto scorrevole, e tuttavia la storia è scritta in un modo assolutamente preciso e delizioso, ricco di riferimenti specifici frutto di profonde conoscenze degli argomenti trattati. Un bell’inizio, che si sviluppa in una seconda parte già pubblicata in formato ebook e che mi appresterò sicuramente a leggere. Personalmente, ho trovato gradevole leggere questo testo accompagnandolo con delle tazze fumanti di tè nero (nello specifico i tè russi della Kusmi Tea) e, alla fine della lettura, non ho potuto fare a meno di ascoltare l’omonima canzone degli Abney Park. Complimenti vivissimi a queste due brave scrittrici!