Gerald Oakley Cadogan, secondogenito del Conte & Fabienne De Secondat, sua moglie
1896
Genova, Italia
6
La lobby del Grand Hotel era piena di viaggiatori in arrivo e in partenza. La cabina del telefono era un bugigattolo con le pareti di vetro molato e conteneva a stento due persone.
“C’è la linea? Abbiamo la linea?” Gerald incombeva su Fabienne come un corvo affamato. Milady si rivolse all’operatrice in italiano. Gerald comprese solo due parole: Cadogan Hall.
“Che cosa dice?” L’uomo si sporgeva tanto, quasi volesse incollare l’orecchio alla cornetta anche lui.
Fabienne gli fece segno di tacere. Continuò a cinguettare in quella lingua impossibile e musicale che per Gerald poteva anche essere cinese. Anni di latino ad Oxford non l’avevano di certo preparato al dialetto genovese. Solo Fabienne, che parlava quattro lingue tra cui l’italiano, sembrava capire tutti in quel paese, dai pescatori ai direttori d’albergo.
“Dice che sta provando.”
“Ancora? Non funziona mai niente qui!” protestò Gerald “Odio questo paese, odio questa città, odio…”
“Eccolo. Mi hanno collegata!” attese “Signor Waldorf? Signor Waldorf, sono Lady Fabienne…” sorrise. Gerald notò come fosse un po’ stanca dalle piegoline sulla fronte rotonda.
“Signor Waldorf, chiamo da Genova. Devo parlare con il Conte. E’ urgente.”
Gerald non si contenne più: allungò la mano e strappò la cornetta dall’orecchio di sua moglie e abbaio l’ordine: “Waldorf, sono il Signor Cadogan, mi metta subito in comunicazione con mio padre. Si tratta del Visconte.” Silenzio “Aspetterò. Confido nella vostra rapidità”
Si girò verso Fabienne e le chiese scusa con un bacio sulla fronte: “ Scusa, non volevo essere rude.”
“Non preoccuparti, mio caro.”
“Quanto ci mette? Quanto ci mette?” protestò Gerald “Cadrà la linea con l’Inghilterra se non si sbriga!”
Aggrottò la fronte e si rivolse alla persona all’altro capo del telefono: “Che significa? E’ urgente.” Silenzio. Gerald guardò Fabienne, le fece cenno di uscire dalla cabina.
La donna uscì, richiuse la porta a soffietto e osservò l’ombra scomposta in tanti prismi che era suo marito agitarsi al di là del vetro. Sentiva la voce e stentava a riconoscerne il tono furibondo.
Osservò l’ombra del braccio agitarsi, la mano passare tra il nero-blu dei capelli. Il tono di voce diventava sempre più allarmante. Alcune teste si girarono verso l’inglese che aveva cominciato a inveire dentro la cabina del telefono. Fabienne abbassò lo sguardo sul tappeto.
Il colpo la fece sobbalzare. Ora una ragnatela di crepe si allargava dove il pugno di suo marito si era abbattuto. Il Concierge, il Signor Milani, abbandonò la sua postazione e accorse al fianco di Madame: “Che succede?”
Fabienne guardò il vetro: “Sono mortificata, Signor Milani. Mettetelo sul conto del Signor Cadogan. Vi chiedo scusa. Brutte notizie da casa”
Il Concierge sollevò un sopracciglio e lesse una grande pena: “Se posso esservi di aiuto, Signora…”
“Vi ringrazio”
Dalla cabina solo silenzio.
Fabienne osservò Milani allontanarsi. Poi allungò una mano e aprì il soffietto. La mano tremava.
Non era preparata a quello che vide. Vide Gerald piangere in silenzio. La cornetta stretta al petto. Fu sul punto di richiudere la porta e allontanarsi. Voleva conservare la dignità di suo marito.
Non chiese cosa avesse detto il Conte. Sapeva che il Conte non aveva risposto. Che non si erano parlati. Sapeva cosa aveva detto il Maggiordomo: “Il Conte non intende parlare del Visconte o col Visconte.”
Si limitò a passare un braccio sottile intorno alle spalle del marito: “Non serve. Torniamo a San Terenzo. Non sprechiamo il poco tempo che ci resta. Sei tu la sua famiglia. Siamo noi. Torniamo da Henry e rimaniamo con lui fino alla fine”.
(Vittoria Corella)
On the6th day of Christmas
my true love sent to me:
6 Geese a Laying
5 Golden Rings
4 Calling Birds
3 French Hens
2 Turtle Doves
and a Partridge in a Pear Tree