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La luce non si addice alla Buona Morte. Loro escono di notte, come fantasmi. Incubi che disturbano i sogni della gente per bene. Perché per fare quello che fanno, loro hanno bisogno del buio. Hanno bisogno della complicità del cielo nero e della notte, che tutto nasconde, occulta e mescola ai sogni più spaventosi. Perché non si può far sparire la gente così, non si può strappare gli uomini alle mogli, togliere i figli alle madri e camminare impuniti sottoi raggi del Sole. Quando si danno certi ordini è meglio se è molto buio e tutti dormono. Che se scendi in strada dopo aver condannato a morte qualcuno, lo sguardo dei tuoi simili po’ fare molto male.
Per cui alle quattro di pomeriggio del quindici di ottobre, la Buona Morte è assolutamente fuori luogo. Il Cortile della Torre è terra di conquista dei turisti a quest’ora, è tutta roba delle coppiette, dei bambini piccoli coi cani. La Cella di Clarence è vuota, sigillata, silenziosa in fondo ad un dedalo di corridoi solitari e quando Strange bussa alla guardiola del Beefeater, la guardia vestita di rosso rischia di cadere dalla sedia per la sorpresa. Non ha mai visto Strange alla luce del sole. L’Uomo della Buona Morte ha occhi fatti di cielo radioso e prati. Di nuvole e fiori. Un uomo con quegli occhi non può essere malvagio, pensa il Beefeater per circa 4 secondi. Poi lo guarda meglio e si ricorda che quell’uomo è pazzo. Che pare che quell’uomo abbia sotto il suo bel cappotto nero trenta centimetri di acciaio temprato in forma di lama. E poi vede anche che al braccio di Strange c’è la Principessa del Ghiaccio. Bella come nient’altro al mondo. Una fata, una ninfa, un essere ultraterreno, un regalo di Dio ai maschi della terra.
La Principessa del Ghiaccio non è meno pericolosa di Strange-dagli-occhi-di-Cielo. Sono bellissimi e spaventosi. E sono insieme. E bussano alla guardiola del Beefeater alle quattro del pomeriggio.
“Dio mio!” dice la Guardia, e apre loro il la porticina che da sul cortile della Torre.
“Manda fuori tutti entro cinque minuti.” mormora Strange, e il Beefeater si rende conto che è la prima volta in vita sua che ode la voce di quello bello.
Strange apre la porticina alla Principessa, e lei entra come un soffio di Magia e Polvere Fatata. Il Beefeater non può fare a meno di fissarla, tanto la vede bella.
“Signore e signori, per motivi tecnici, la Torre deve chiudere anticipatamente, vi prego di voler gentilmente accedere all’uscita, grazie”
Qualche protesta, qualche sbuffo. Tutti si avvicinano alla porticina.
Strange e Garland fingono di attardarsi all’uscita. Quando l’ultimo turista è fuori dal portone, il Beefeater richiude l’uscio e si appoggia pesantemente alla lastra di ferro che blocca l’accesso alla Torre di Londra.
“la…la Cella è chiusa…” il poveretto incespica nel parlare. Suda, anche.
“Ebbene aprila!” sussurra Garland “…arriveranno anche gli altri tra poco.”
Dal mazzo di chiavi, il Beefeater tira fuori una chiave piccola piccola, di ottone ossidato. A Garland viene in mente “Barbablù” e sorride a Strange, che invece rimane impassibile.
La guardia sale le scalette di legno della Torre, e i due lo seguono. Salgono e scendono. Aprono porticine. Percorrono corridoi. Stanze e stanzette. Il Beefeater, giunto di fronte alla Cella di Clarence, si guarda un’altra volta oltre la spalla e vede Strange e Garland che lo fissano, leggermente infastiditi: “Ecco” dice ossequioso, aprendo la porta della cella.
“Ora vattene e aspetta gli altri all’entrata” sibila Garland.
L’uomo non può fare altro che obbedire.