I miei sogni tra le pagine + Liber Arcanus

Cari lettori,
eccoci alla quinta tappa del blog tour dedicato al primo volume di Victorian Vigilante di Federica Soprani e Vittoria Corella!
Al contrario degli appuntamenti precedenti, abbiamo deciso di regalarvi un’intervista in tandem: il nostro blog intervisterà Vittoria, mentre sul blog di Liber Arcanus potrete trovare le risposte di Federica!
Passiamo ora la parola a VITTORIA CORELLA!
Ciao Vittoria!
1) Com’è nata l’idea per questa nuova storia? C’è stato un particolare di una foto/film/libro/ecc che ha messo in moto la vostra fantasia? O era una storia tenuta dal sacchetto?
VITTORIA: La genesi? Federica Soprani mi telefona ed esordisce con “Ciao Mordecai” Perché? Boh? Chiedetelo a Federica. Lo ricordo perfettamente, e ricordo che risposi: “Bel nome. Ci farò un personaggio, con questo nome. E’ un nome ebreo, quindi il personaggio sarà un ebreo, un tagliatore di diamanti ebreo a Londra.” Come siamo scivolate dentro lo steampunk poi è dipeso dalla mia folle idea di voler partecipare ad un concorso di fantascienza (strano, io detesto i concorsi, mi mettono ansia da prestazione) e siccome di solito Federica ed io scriviamo cose vittoriane e ottocentesche, l’unica fantascienza che si prestava al gioco era lo “steampunk”, la “fantascienza vittoriana” per eccellenza. Al concorso non riuscimmo a partecipare, perché non finimmo in tempo il romanzo. E così ci ritrovammo uno steampunk tra le mani, senza nemmeno sapere che farci. Per primo è venuto il titolo: Victorian Vigilante è una canzone del gruppo steampunk rock Abney Park. Per cui dovevamo metterci un tagliatore di diamanti ebreo e un vigilante che punisse i cattivi. Il resto è venuto man mano.
2) Come avviene la divisione dei compiti? Avete una preferenza di “scene” che amate scrivere o vi alternate?
VITTORIA: Abbiamo ognuna l’affido (congiunto) di determinati personaggi. Quando in scena compare un mio personaggio,(Mordecai, ad esempio, o Malachy) prendo io in mano le redini, scrivo io il pezzo. Quando la nostra telecamera mentale si sposta (per necessità narrative) su un personaggio di Federica (Catherine o Percy o chi per loro) allora il timone della narrazione passa a lei, ma siamo sempre e comunque in tandem. Siamo come i piloti dei robottoni di Pacific Rim, praticamente. Sempre in due per mandare avanti il bestione.
3) Ergomeccatronica e Meccagenetronica, quali sono le loro principali differenze e quali sono le “regole” su cui vi siete fondate per crearle?
VITTORIA: Semplice, l’Ergomeccatronica è una scienza non invasiva e non altera l’umanità dei ‘pazienti’ ma ne potenzia forza e agilità, mentre l’altra, la Meccagenetronica, interviene sul corpo e sulla mente dei soggetti. Diciamo che gli scienziati Meccagenetronici sono come i preparatori olimpici della ex-Germania Est: pur di vincere le loro gare non esitano a mettere a rischio la salute e la vita dei loro soggetti con modifiche non del tutto etiche. E’ un ‘doping’ psicofisico con aggiunta di parti meccaniche e droghe sintetiche. Non vi piacerebbe diventare un esperimento meccagenetronico, credetemi.
4) Mi affascina particolarmente il personaggio del Sergente Murphy, un Senza-Dio tra i ranghi di un Impero che ha messo al bando quella tecnologia. Scopriremo qualcosa di più su come è stato possibile?
VITTORIA: naturalmente. Malachy Murphy è straordinariamente solo nella sua diversità, in un mondo che rifiuta e teme quelli come lui. Ma l’alternativa sarebbe stata vivere da invalido e da vinto, e Malachy è nato per l’azione, come dimostrerà nel corso della storia. All’inizio è ancora smarrito davanti alla sua nuova ‘natura’.
5) Mordecai Gerolamus è un’altro personaggio decisamente intrigante grazie ai suoi tre demoni. Nei prossimi capitoli entreremo in merito alla loro apparizione? E soprattutto cosa vi ha spinto a tratteggiarli con quei nomi, colori e poteri?
VITTORIA: chi sono i demoni di Mordecai e cosa ci fanno nella sua testa sarebbe uno spoiler grosso come un Golem.
6) Hope’s End – La fine di ogni Speranza e la Fine del Mondo, altro luogo-simbolo della vostra serie precedente: è un omaggio? Una sorta di parallelismo? Un vostro incubo personale che ritorna?
VITTORIA: Sono una lettrice di Gaiman, specialmente dei suoi fumetti su Sandman, dove spesso le Case sono veri e propri “personaggi”. Oggetti inanimati con un’anima. Impossibile? A volte no. Le case sono vive, sono scrigni di segreti e ricordi, più sono vecchie e più ti parlano. Amo moltissimo le vecchie case. Hope’s End è anche un richiamo a Lost Hope, un’altra terribile casa appartenente ad una creatura molto molto crudele nel Romanzo “Jonathan Strange & Mr Norrell” di Susanna Clarke. La Clarke ha un gusto formidabile per i nomi delle case e per le loro storie. Vi consiglio di leggerla.
E poi mi piacciono i nomi inglesi delle case con END dentro, tipo Howard’s End, è terribilmente british!
7) Una storia apparentemente popolata da personaggi maschili, eppure per ora due donne tengono la scena, entrambe temerarie e capaci di affrontare i maschi, Orlando la buona e Baba Yaga, la cattiva. C’è una volontà specifica dietro a questo? Sono le vostre due anime (*risata malvagia*) che si fanno sentire?
VITTORIA: io personalmente mi trovo meglio nello scrivere di personaggi maschili, che nel 19esimo secolo hanno più facoltà di manovra, essendo il XIX secolo un centennio orrendamente maschilista. Le donne ‘forti’ in un romanzo ottocentesco sono d’obbligo se vogliono giustificare la loro presenza al di fuori di una cucina o una nursery piena di figli, purtroppo.
8) Quale è stata la sfida più impegnativa: immedesimarsi in un ambiente vittoriano (mi riferisco sempre a VS), con l’attenzione per il dettaglio e la coerenza storica, oppure creare questo mondo distopico e immaginifico dal nulla?
VITTORIA: come scrittrice e come persona sono molto ancorata al reale e al razionale. Il Fantastico, privo di regole, ti permette di fare qualsiasi cosa e non lo trovo stimolante. “Tanto è Fantasy” sembra il leit-motiv di chi scrive determinati generi di pura fantasia, senza preoccuparsi di stabilire regole che creino una coerenza interna, necessaria alla sospensione dell’incredulità. Qui la componente fantastica è tanta, per me è stata una sfida orientarmi in un mondo senza punti cardinali. Anzi, i punti cardinali li dovevo decidere IO! E’ una responsabilità grandissima! Personalmente preferisco lo storico puro, con le sue regole (la storia è questa, ti documenti, leggi, studi e alla fine del lavoro hai una tua mappa piuttosto precisa).
Ed ora, se volete conoscere anche le risposte di Federica, non dovete far altro che cliccare su http://liber-arcanus.blogspot.it/
La parola a Federica!
Com’è nata l’idea per questa nuova storia? C’è stato un particolare di una foto/film/libro/ecc che ha messo in moto la vostra fantasia? O era una storia tenuta dal sacchetto?
Forse non tutti sanno che Vittoria e io abbiamo iniziato a scrivere insieme in un Gioco di Narrazione da noi stesse creato e dal quale è scaturito tutto il nostro mondo vittoriano o quasi. Molti personaggi di Victorian Solstice vengono da lì, primo fra tutti Jericho. Lo stesso vale per Spettro di Nebbia e il Dottor Morse. Un giorno ci venne voglia di creare un supereroe vittoriano e Vittoria, da sempre devota alla causa dei Villain, decise di affiancargli un super-cattivo. In origine il Dottor Morse era un personaggio piuttosto buffo, i suoi post faceva ridere ed erano momento di leggerezza nel marasma di disgrazie che quotidianamente riversavamo sui nostri personaggi. Ma, come si sa, con noi finisce tutto in ‘tragggeddia’, e così anche il povero Morse è diventato un cattivo ‘vero’. E che cattivo!!
Come avviene la divisione dei compiti? Avete una preferenza di “scene” che amate scrivere o vi alternate?
In teoria ciascuna crea e gestisce i propri personaggi. Si definisce insieme la trama, si parla a lungo per sviluppare le idee, si prendono appunti (Vittoria ha la memoria a breve termine di un pesce rosso. Spesso dimentica anche ciò che ha scritto). In realtà ormai siamo talmente rodate bene insieme che ognuna si appropria dei personaggi dell’altra e se li spupazza, ottenendo di solito risultati ugualmente pregevoli. Senza contare i momenti in cui i personaggi prendono il controllo e fanno completamente di testa loro… Se poi vogliamo parlare di scene, Vittoria ama particolarmente quelle molto violente e splatter, oltre alle scene di sesso rigorosamente a tre 😉
Ergomeccatronica e Meccagenetronica, quali sono le loro principali differenze e quali sono le “regole” su cui vi siete fondate per crearle?
Ergomeccatronica . Meccagenetronica. Ricordo la fatica di trovare i nomi per queste due discipline e scuole di pensiero. Perché uno dei nostri problemi è che pretendiamo di dare un fondo di veridicità e coerenza a tutto quello che scriviamo. Quindi non ci saremmo MAI accontentate di creare due scienze con nomi a caso e tanti saluti. Eh no! L’Ergomeccatronica ha un approccio più umano e ‘naturale’ al progresso. Andando avanti nel romanzo scoprirete che dietro l’armatura dello Spettro, in particolare, c’è uno studio biologico molto accurato e ‘realistico’. Comunque, essa mira a migliorare le condizioni di vita degli uomini e la loro efficienza con l’aiuto di esoscheletri e arti meccanici installati in modo non invasivo.
Tutt’altra storia per i Senza-Dio. La Meccagenetronica prevede che il corpo e in ampia misura anche la mente umana siano stravolti nella loro stessa essenza. Gli innesti sono invasivi, pienamente integrati con la carne di chi li porta, connessi al sistema nervoso. In alcuni casi, come per Vassilissa, essi ‘crescono’ con i portatori, come parassiti, in una simbiosi sempre più spaventosa. La Meccagenetronica è geniale e terribile e prevede che chi la pratica, non meno di chi la subisce, sia pronto a giocarsi l’anima.
Mi affascina particolarmente il personaggio del Sergente Murphy, un Senza-Dio tra i ranghi di un Impero che ha messo al bando quella tecnologia. Scopriremo qualcosa di più su come è stato possibile?
Bello e dannato, il nostro Sergente. A Vittoria vengono bene certi personaggi che, immancabilmente, piacciono alle donne… Scoprirete molte cose su di lui. Personalmente credo che sia uno dei personaggi che subisce l’evoluzione più sorprendente nel corso del romanzo.
Mordecai Gerolamus è un’altro personaggio decisamente intrigante grazie ai suoi tre demoni. Nei prossimi capitoli entreremo in merito alla loro apparizione? E soprattutto cosa vi ha spinto a tratteggiarli con quei nomi, colori e poteri?
I Demoni di Mordecai sono strettamente connessi alla storia, quindi non è possibile parlarne senza rischiare di fare anticipazioni troppo plateali. Anch’io trovo geniale il modo in cui Vittoria ha tratteggiato questo personaggio e come è riuscita a unire suggestioni oniriche e oserei dire psicologiche, con elementi legati all’ambientazione. Man mano che si andava avanti e scoprivamo a nostra volta certi dettagli, mi veniva la pelle d’oca, giuro!
Hope’s End – La fine di ogni Speranza e la Fine del Mondo, altro luogo-simbolo della vostra serie precedente: è un omaggio? Una sorta di parallelismo? Un vostro incubo personale che ritorna?
Ci piace creare luoghi che abbiano nomi significativi, e anche un’identità, un’anima. Hope’s end è un omaggio a Susanna Clarke, sicuramente, e al suo Senzasperanza, castello nei regni fatati di cui è signore il Gentiluomo dai Capelli lanuginosi nel romanzo Johnathan Strange e Mr. Norrel. Fine-del-mondo esiste davvero, anche se col tempo si è ammantata di valenze via via più intense ed evocative. Nel romanzo c’è anche Badhouse, la Malacasa, una mia indiretta citazione della Malmaison, il castello che Napoleone Bnnaparte donò a Giuseppina in occasione le nozze.
Una storia apparentemente popolata da personaggi maschili, eppure per ora due donne tengono la scena, entrambe temerarie e capaci di affrontare i maschi, Orlando la buona e Baba Yaga, la cattiva. C’è una volontà specifica dietro a questo? Sono le vostre due anime (*risata malvagia*) che si fanno sentire?
Parlare di ‘anime’ tirando in mezzo Vittoria Corella è quanto meno ardito… La vita per le donne nell’antichità è stata di rado facile. Inutile raccontarsi storie. Riuscire a creare delle eroine letterarie credibili e immergerle in un’ambientazione realistica necessita di una vena masochista, perché prevede inevitabilmente il sacrificio di aneliti e aspirazioni troppo moderne. Forse per questo non mi spiace creare personaggi femminili, ho un motivo in più per renderli tormentati! Ma dal momento che la letteratura deve essere anche evasione, qualche licenza ce la si può concedere 😉 Inoltre tanto Orlando quanto Vassilissa riveleranno, andando avanti aspetti squisitamente femminili, e una natura che è frutto inevitabile della storia che hanno vissuto, delle influenze che le hanno accompagnate fin dall’infanzia. Orlando in particolare mi accompagna da anni, prima come personaggio del Gioco di narrazione, poi in Victorian Solstice. È il genere di eroina nella quale ho amato riconoscermi fin da piccolissima, coraggiosa, eccentrica, un po’ buffa e tanto, tanto appassionata in tutto quello che fa.
Quale è stata la sfida più impegnativa: immedesimarsi in un ambiente vittoriano (mi riferisco sempre a VS), con l’attenzione per il dettaglio e la coerenza storica, oppure creare questo mondo distopico e immaginifico dal nulla?
La coerenza storica per noi è sempre importante, come lo è quella scientifica. Quando scrivi di un’ambientazione che corre parallela alla realtà, devi, a mio avviso, mantenere comunque una coerenza interna, che troppo spesso manca alla letteratura fantasy o di fantascienza (o degli infiniti rigagnoli e sottogeneri scaturiti negli ultimi anni). Puoi raccontarmi tutto, insomma, ma fammi vedere che è possibile perché dietro c’è qualcosa che lo giustifica!
Per noi passare dal realismo storico di VS all’irrealismo storico di VV è stato un passaggio naturale e non troppo doloroso. Si è trattato di aggiungere elementi e possibilità, senza rinnegare nulla di ciò che abbiamo studiato e continuiamo a studiare da anni.
Se volete conoscere anche le risposte di Vittoria, non dovete far altro che cliccare su http://www.sognipensieriparole.com/