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Prima di leggere questo romanzo breve (o racconto lungo che dir si voglia), primo volume della trilogia steampunk di Paul Di Filippo, mi sfuggiva quale dovesse essere una delle caratteristiche fondamentali del genere: l’ironia.
E di ironia ce ne è davvero tanta, in questo volumetto (ma ho già iniziato anche il secondo romanzo, Ottentotti, e vi garantisco che promette altrettanto bene!!).
Qui lo steampunk non è il pretesto per sbrodolamenti vittoriani (tipo quelli che facciamo noi, per intenderci) o nostalgiche ambizioni guerrafondaie condite da tecnologie improbabili.
Lo Steampunk nasce innanzitutto come elemento di sovversione e sberleffo, presa in giro elegante e raffinata di un passato glorioso e irrimediabilmente perduto, di personaggi eruditi consacrati al loro ruolo di icone da così tanto tempo da aver ormai fatto le ragnatele.
La satira e la scrittura brillante di De Filippo ripulisce tutto, ripresentandoceli con intelligenza, in una chiave tutta nuova.
Nel primo romanzo la gloriosa e intoccabile Regina Vittoria, alla vigilia della sua incoronazione, scompare, e viene sostituita da un ibrido anfibio dai feroci appetiti sessuali creato da un eccentrico naturalista, che si prende caric odi ritrovare la vera sovrana prima che l’inganno venga scoperto. I personaggi di De Filippo, storici o inventati che siano, emergono dalle pagine vividi e prepotenti, costringendo il lettore a prendere parte ai loro discorsi che, nella loro assurdità, compongono una logica narrativa incontestabile. Molto steam, insomma, ma soprattutto molto punk, e nel più intelligente dei modi.
Il romanzo fila che è un piacere (a vapore, direi ;)), strappando un sorriso dopo l’altro, e lasciando con una sensazione di assoluto piacere, alla fine. E con la voglia insostenibile di saperne di più.