ATTENZIONE: V.M. 18 – contiene una scena di sesso esplicito.
Safire corre. Passo sostenuto, andatura regolare, il cuore batte e pompa sangue, il respiro brucia ossigeno londinese. Smog. Come si fa a vivere in una città nera e lercia come questa? Il sole non scalda Londra ed è nemico dei londinesi, li abbandona al loro triste e nebbioso destino.
Safire corre su per Regent Street. La gente sui marciapiedi si fa da parte e lo guarda passare. Vede un uomo alto e biondo, dalla pelle abbronzata e dal bel sorriso, inspirare l’aria nera della metropoli ed espirare nuvolette bianche, come se lo schifo di Londra si ripulisse nel petto di quell’uomo bellissimo e solare. Safire è come una cura mandata da Dio per sanare una città malata di fuliggine e cancro.
Il Mago scarta a destra e a sinistra, salta pozzanghere, evita fattorini e venditori ambulanti. E’ agile come un animale esotico, ed altrettanto affascinante. Non si era mai visto nessuno correre per puro divertimento lungo Regent Street. Nessuno fa queste cose nel West End. Solo i poveracci corrono di qua e di là come disperati, perché non possono permettersi né la carrozza né il tempo. I signori non s’affrettano, eh no, e quando passa il mago, si fermano e lo guardano stupiti. Qualcuno lo riconosce:”Ma è quel tizio, l’illusionista! Quello che fugge dalle casse in fondo al fiume, dalle casseforti delle banche, dalle celle della polizia metropolitana. E’ il mago Safire che corre su per Regent Street. Questa sì che è bella”.
La corsa riscalda le membra, arrossa le guance, imperla di sudore la fronte.
“Signor Safire, mi fate l’autografo?” Ma il mago è già lontano, è passato come una folata di vento, leggero, una visione. Le fanciulle eleganti lo vedono e ridacchiano, si scambiano commenti. Qualche signore distinto col bastone ed il monocolo bofonchia: “…correre così come se si avesse il diavolo alle calcagna! Finirà col far cadere qualcuno!”.
Safire non sente il freddo e neppure la stanchezza. Ci vuole ben altro. Sente solo il cuore pompare sangue e calore. Sente la vita scorrergli potente nelle vene. Non si è mai sentito meglio. E mentre corre, il Mago Safire pensa a come sia arrivato fin lì, a spaventare i ricchi signori londinesi con la sua corsa.
”Sono mortificato, mademoiselle!”
Cristophe Safire ha fallito miseramente il numero in cui fa sparire un calice di vino rosso dentro un cono fatto di carta di giornale. Stanno tutti ridendo di lui, della sua goffaggine e della faccia furibonda con cui la ragazza carina lo sta fissando, dopo che ha constatato come il suo elegante vestito da passeggio ormai sia da buttare. Il trucco stavolta non ha funzionato. Il tubicino di caucciù attraverso cui il vino sarebbe dovuto scomparire è saltato, ed il vino si è rovesciato tutto addosso alla fanciulla che Safire aveva scelto tra il pubblico per fargli da assistente.
La ragazza guarda il mago come se volesse ucciderlo.
“Dio, perdonatemi, io…vi pagherò il lavaggio…”
“Il lavaggio? Il lavaggio?!?! Pezzo di stronzo, un vestito nuovo mi devi pagare, altro che il lavaggio!” lei è furibonda e impreca come uno scaricatore di porto, il che contrasta moltissimo con il suo aspetto di bambolina di zucchero colorato. Safire è imbarazzato per il disastro che ha combinato ma soprattutto per gli epiteti fantasiosi con cui lei lo insulta davanti a tutti: “Vi comprerò un vestito nuovo, non vi arrabbiate…che taglia portate?”
Il giorno dopo il mago è in casa della ragazza, con una scatola dorata sottobraccio. Contiene un bellissimo vestito da pomeriggio di ottima fattura. Il mago ci ha speso la paga di una settimana. L’ha comprato nel più bel negozio della città ed è color pervinca, perché Safire pensa che alla ragazza quel colore doni tantissimo :”Vi ho comprato un vestito nuovo, mademoiselle, in luogo di quello rovinato”
La ragazza apre la scatola dorata, scarta l’abito: “Spera solo che sia della taglia giusta” gli dice asciutta, poi scompare nell’altra stanza col vestito nuovo. Sta via una manciata di minuti, poi ritorna. Safire è senza parole: lei è così dannatamente bella con quel vestito indosso. Vorrebbe dirle che è come una fata, come una ninfa, come un fiore. Vorrebbe dirle che sembra una principessa di una fiaba a lieto fine.
E lei dice: “Questo vestito mi fa schifo”.
Poi con un gesto rapido strappa via i bottoncini di madreperla ed il vestito le scivola ai piedi. Sotto è completamente nuda. Nel silenzio che segue, si potrebbe sentire uno spillo cadere e tintinnare. Safire la fissa, immobile come una statua di sale. Non riesce a dire niente. Se ne sta lì, a bocca aperta, e la fissa.
La ragazza scalcia via il vestito e va verso il divano. Si siede. Si distende.
Il mago, in piedi al centro della stanza, la guarda.
“Beh? Che ti prende? Non dirmi che voi maghi non scopate…” dice Valentina Casanova allargando le gambe.
***
Sono in tournèè col Circo Binewski da oltre sei mesi. Ogni sera c’è lo spettacolo. Poi, ogni notte, Valentina prende un nuovo lucchetto e impara come aprirlo. Ormai potrebbe scassinare porte, scrigni, casseforti. Se ne sta nuda, seduta sul minuscolo letto dentro il carrozzone che divide con Safire da quando è fuggita con lui e con il Circo.
Il lucchetto d’ottone è lucido come oro. La fronte di Valentina è un groviglio e le sue labbra sono pallide e serrate per l’impegno. Il lucchetto scatta, è aperto: “Splendido, amore mio. Sapresti farlo senza respirare?” dice il mago, mentre le siede dietro circondadola con le gambe.
“Posso fare tutto quello cha fai tu, zingaro” risponde Valentina. Poi si gira e lo bacia sulla bocca.
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Valentina è in piedi sul’entrata. Il suo sguardo brucia, perfora. Guarda i due uomini che ha sorpreso uno sopra l’altro dentro il tendone delle gabbie con le bestie feroci. Uno è Cristophe Safire, l’altro un ragazzino che lavora come tuttofare per il circo da qualche settimana. Il mago sostiene lo sguardo di fuoco e ghiaccio della ragazza, mentre il garzone cerca di svignarsela tirandosi su i calzoni:
“No” dice Valentina, entrando e chiudendo la tenda dietro di sè “Fammi vedere”. Parla solo al Mago, come se il ragazzino fosse una cosa inanimata. Il Mago prende il garzone per il collo e lo costringe a piegarsi in avanti. Gli riabbassa i pantaloni, si inumidisce l’indice ed il medio con la bocca: “Hey, aspetta…” dice il ragazzino, ma il mago gli infila le due dita nel culo e fa strada al suo membro eretto. In due mosse ed una spinta gli è dentro. Per tutto il tempo non ha staccato gli occhi da quelli di Valentina. La ragazza si morde le labbra. Ha il respiro pesante. Osserva il mago sbattersi il ragazzino e non ha espressione. Vanno avanti così per qualche minuto, finchè il ragazzino non comincia a mugolare di piacere. Allora Valentina si avvicina e gli prende il cazzo in mano. Nel vedere questo l’eccitazione del Mago cresce e diventa incontenibile. Quando il garzone viene in mano a Valentina, Cristophe raggiunge un orgasmo devastante.
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Ormai il circo è diventato troppo piccolo per il Mago. La gente si accalca per vedere il Grande Safire uscire dalla sua bara di vetro piena d’acqua, i biglietti vanno esauriti in poche ore, i posti a sedere non bastano più. Così il Mago e la sua Assistente iniziano a prenotarsi direttamente i teatri più grandi delle varie città. Marsiglia, Bordeaux, Lione, Parigi. Alcuni impresari accettano con entusiasmo di mettere in cartellone le evasioni folli e al limite dell’umano di Cristophe e poi contano allegramente i soldi che riempiono le casse al botteghino. Alcuni invece non ne vogliono sapere di avere un folle che tenta di suicidarsi ogni sera sul loro palcoscenico. “Quel pazzo di Safire non verrà a morire proprio qui” dicono sdegnosi. Ma quando il Mago comincia ad esibirsi pubblicamente buttandosi ammanettato mani e piedi dal Pont Neuf, il clamore è tale e tanto che nessuno osa più dirgli di no. Tutti i giornali parlano del Mago e di come sfidi la morte ogni sera senza neppure battere ciglio: “Maestro Safire, non vi è mai venuta la paura di non farcela?” chiede un giornalista inglese. Il mago risponde:”Finchè c’è Valentina al mio fianco, no. Non potrei mettere la mia vita in mani migliori”.
Il Times esce il giorno dopo e titola:”Death Defying Acts: the art of Cristophe Safire”. Le richieste piovono dai teatri di tutta Europa ed è il tutto esaurito ogni sera.
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Ogni sera una camera d’albergo diversa. Ogni maledetta sera Valentina disfa le valigie e ordina champagne. Ogni sera Cristophe le porta dei “giocattoli”. A volte sono giovani che fanno marchette, a volte ammiratrici disposte a tutto pur di farsi scopare dal bellissimo mago francese, anche a soddisfare la sua graziosa assistente. Ma poi devono sloggiare e non farsi più vedere. Safire e Valentina stanno in equilibrio precario sull’abisso e lo sanno. Tra loro non ci devono essere ombre o la costruzione crolla. Nessun amante deve diventare più speciale degli altri. Ogni volta che questo succede, volano schiaffi e pugni i cui segni il cerone copre a malapena. Le crudeltà si sprecano, si accumulano, feriscono e fanno male. Il camerino diventa una specie di campo di battaglia sanguinoso, ma una volta in scena tutto svanisce e c’è solo l’applauso del pubblico adorante.
Safire corre lungo Regent Street. Molte teste si girano a guardarlo ed il Mago sorride. E’ ora di rientrare in albergo. Deve farsi un bel bagno, cambiarsi. Deve onorare l’invito a pranzo del giovane Lord dagli occhi così gentili. Deve andare al Drury ad assicurarsi che tutto sia pronto per lo spettacolo di domani sera. Poi deve sperare che Valentina se ne stia fuori dai piedi fino all’ora di cena perché alle cinque forse rivedrà quel medium. Jericho. Equilibrio precario, pensa il Mago, e sbuffa una nuvoletta bianca con la bocca.