Andrea Varano su Anobii
   
Un felice primo approccio al genere steampunk

“Nemmeno gli occhi dello Spettro potevano passare attraverso la vernice nera stesa sui vetri, che rendeva ogni finestra un grido muto.”

Come si intuisce dal titolo della recensione, non sono un frequentatore dello steampunk, senza però avere alcuna preclusione per il genere che anzi mi ha sempre intrigato. Si dà solo il caso che io abbia iniziato con questo romanzo la mia incursione. Ed è stato un inizio felice, perché Victorian Vigilante è davvero un bel romanzo.

Anzitutto mi ha colpito l’efficacia dell’ambientazione londinese che, seppure meno steam di quanto mi sarei atteso, è di certo punk. La Meccagenetronica e l’Ergomeccatronica, le due scienze applicate che condividono l’obiettivo di potenziare l’essere umano, benché divergano per metodologie, rappresentano bene i due schieramenti in campo, costituendone i rispettivi manifesti.

“Il braccio meccanico mi è stato strappato e ho rischiato di andare in shock, perché era collegato direttamente al mio cervello.”

Il perverso dottor Morse, meccagenetronicista privo di scrupoli, si spinge fino al punto di modificare nel corpo i propri cari, per soddisfare l’ossessivo desiderio di primeggiare e conquistare prestigio e potere. Dall’altro lato lo contrasta il dottor Horatio Hastings, creatore dello Spettro di Nebbia, affascinante figura mascherata e potenziata che si batte con abnegazione per proteggere Londra. Sapere chi si celi dietro la maschera del vigilante è un segreto che in molti, compreso il lettore, vorranno svelare.

“Lo Spettro era fatto d’aria, di oscurità fluida, di pietra e ghiaccio sotto il cielo muto. Scivolava di ombra in ombra, cercando il respiro di Malachy Murphy.”
Fra i molti personaggi spiccano anche la reporter Catherine Swan della Mayfair Gazette, che durante le proprie indagini si camuffa da uomo presentandosi come Orlando, e il tagliatore di pietre preziose Mordecai Gerolamus nella cui testa albergano tre spiriti capaci di conferirgli poteri fuori dell’ordinario e che troveranno poi una spiegazione opportuna nel corso della narrazione. Il poliziotto Malachy Murphy, aumentato meccagenetronicamente, costituisce un’archetipica incarnazione del difficile equilibrio fra ciò che è lecito fare e ciò che non lo è, nel perseguimento dei propri scopi.

Victorian Vigilante è una storia ben costruita, che conclude tutto ciò che inizia, al netto di qualche soluzione nel finale che mi è parsa un po’ affrettata, ma che non condividerò per non comprometterne la lettura a nessuno. Nelle quasi duecento pagine abbonda l’azione, ben dosata e descritta, ma anche i dialoghi che sono determinanti, come dev’essere, nella definizione dei personaggi.

Raccomandato a chi ami storie immersive, soprattutto se ambientate nella Londra vittoriana, raccontate con cura per lo stile e con amore verso i personaggi.