twelve5August Lovelace, Signore dell’East End & Aaron Weatherly, il suo contabile

1887

Londra

 

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“E quindi, Mister Wilson, spero abbiate compreso che nella mia reticenza non c’è nulla di personale. E’una questione di principio”

August Lovelace, terminata la sua tirata, si appoggiò allo schienale imbottito della sedia che occupava abitualmente da anni, al proprio tavolo nella grande sala da pranzo dell’East India Club.

Mister Wilson, ricco commerciante di Bournemouth, si vantava di essere fornitore quasi esclusivo di finimenti per l’esercito britannico, amico del segretario personale di Lord Robert Arthur Talbot Gascoyne-Cecil, marchese di Salisbury, Primo Ministro, e di una lunga sfilza di eccellentissimi generali, colonnelli, capitani e via dicendo, fino a sottoufficiali indegni di essere menzionati.

“Io comprendo, Mister Lovelace” lo rassicurò l’uomo, tormentando con crudeltà inaudita il ricco risvolto del proprio cappello, che continuava a rigirarsi tra le dita grassocce come se fosse lì lì per strapparlo da un momento all’altro.

“Tuttavia, trattandosi di un favore unico, ecco, speravo che poteste eventualmente tendermi una mano…proprio perché non si tratta di una cosa personale, ecco… non vi disturberei mai per una cosa personale…”

“E fareste male, Mister Wilson” lo interruppe Lovelace, versandosi da bere. Un cameriere in livrea scattò per fermarlo, ma non fece in tempo e si ritirò alle sue spalle, guardandosi intorno circospetto e augurandosi che il maitre non lo avesse visto.

August Lovelace sollevò il bicchiere di vino, osservando per un momento rapito il liquido di un rosso così intenso e scuro da sembrare nero ondeggiare nella sua prigione di vetro.

Quindi lo avvicinò al viso, assaporando il bouquet corposo e aromatico, prima di bere.

Quando posò il bicchiere le sue labbra, già naturalmente vermiglie, apparivano ancora più scure.

“Io credo molto nelle relazioni personali, soprattutto tra chi si conosce da molto tempo, come nel nostro caso. Io sono venuto al matrimonio di vostra figlia Margareth, e al battesimo del suo primogenito, ricordate? Come sta il piccino, a proposito?” s’informò sollecito.

“B-bene, grazie…” balbettò l’ometto, sempre più sulle spine.

Lovelace, perfettamente a suo agio, intrecciò le lunghe dita nervose sul filetto che andava navigando nel suo stesso sangue nel piatto davanti a lui.

“Insomma, Mister Wilson, io mi sono comportato da amico… vi ho sempre trattato con rispetto… e ora che avete bisogno di me, prendete le distanze, e non vi comportate voi da amico, non mi trattate con rispetto a vostra volta… non va bene”

Mister Wilson, ricco commerciante di Bournemouth e amico del segretario del Primo Ministro, sembrava prossimo alle lacrime.

Ma August Lovelace sorrise, magnifico.

“Su, su, Mister Wilson, facciamo così… Vi aiuterò, proprio perché siete voi, e per Margareth e il piccolo. Un giorno, e non arrivi mai quel giorno, vi chiederò di ricambiarmi il servizio, fino ad allora consideratelo un regalo per le prossime nozze di mia figlia” concluse, strizzandogli l’occhio.

“Oh, la signorina Lovelace si sposa?” domandò Mister Wilson, ancora incredulo davanti a tanta fortuna.

“Molto presto, Mister Wilson, molto presto” ammiccò gioviale Lovelace, mentre l’altro gli prendeva la mano, incerto se baciargliela o stringerla. Optò per la seconda scelta, anche se dal modo in cui si ritirava, inchinandosi a profusione, la sua totale dedizione risultava comunque palese.

Rimasto finalmente solo col suo filetto Lovelace sospirò.

Poi sembrò ricordare di non essere solo e rivolse lo sguardo verso Aaron Weatherly, il suo contabile.

“Mai dire a una persona estranea alla famiglia quello che hai nella testa” sentenziò, riprendendo in mano le posate e tagliandosi un boccone di carne sanguinolenta.

Il Contabile fece segno di ‘sì’ col capo, le labbra strette in una smorfia che non era un sorriso, non ci assomigliava affatto.

Dopo anni ancora non capiva come facesse la gente a presentarsi così, semplicemente, al tavolo del signor Lovelace, dimenticando apparentemente di trovarsi in un ristorante gremito, dove chiunque poteva assistere alla conversazione, all’umiliazione che, il più delle volte, ne seguiva. Dove tutti sapevano che i due brutti ceffi appostati dietro la porta finestra e l’altro brutto ceffo che stazionava accanto all’ingresso erano guardie del corpo del suo datore di lavoro

“Questo incarico diamolo a Miranda, voglio gente affidabile, qualcuno che non si faccia prendere la mano. Noi non siamo assassini, anche se quel beccamorto ne sembra convinto” stava dicendo intanto Lovelace, rivolto a nessuno in particolare, o, presumibilmente, ad Aaron, visto che non c’erano altri seduti al tavolo. Aveva parlato con naturalezza, come se stesse commentando la tenerezza della carne, o il suo sapore.

Il Contabile fece ancora di ‘sì’ con la testa, e poi riprese a raschiare col cucchiaino la superficie del suo gelato, con gli occhi bassi, come un bravo studente diligente, cercando di ignorare il sangue che macchiava le labbra del suo datore di lavoro.

 

(Federica Soprani)

On the 5th day of Christmas

my true love sent to me:

5 Golden Rings

4 Calling Birds

3 French Hens

2 Turtle Doves

and a Partridge in a Pear Tree